Proprio nel cuore dell’abitato di Leggiuno, il visitatore incontrerà il caratteristico campanile romanico e la piccola chiesa dei SS. Primo e Feliciano, fondata prima del IX secolo dalla famiglia del nobile Eremberto legato all’ imperatore Lotario.
Nella chiesa, in origine dedicata al vescovo pavese san Siro, sono custodite dall’anno 846 d.C. le reliquie dei due santi soldati, martiri sotto Diocleziano, che furono donate da papa Sergio II al dignitario regio, come attesta un documento dell’epoca.
L’edificio ha una caratteristica singolare: costituisce infatti un piccolo museo di lapidi, sia all’interno che all’esterno. Infatti per la sua balaustra furono riutilizzate le pareti marmoree di un sarcofago romano finemente intagliato (II secolo d. C.) di provenienza orientale, tre segmenti di marmo bianco con decorazioni a colonne ed arcate e un’iscrizione in splendide lettere in capitale quadrata: riporta il nome del committente, Caius Iulius Grattianus. Il suo utilizzo come balaustra è documentato almeno dal 1569. Invece ai lati della porta d’ingresso vennero poste due colonne romane con eleganti capitelli corinzi. Ancora memorie dell’antichità si possono ammirare nello spiazzo antistante la chiesa, ritrovate nei dintorni del paese e qui collocate dopo la metà dell’800: si tratta di due grandi are romane (ai lati del portale ) e altri frammenti appoggiati alle strutture architettoniche. Sulla facciata della chiesa a sinistra si trova poi una pietra di colore giallognolo, in due pezzi, ritrovata durante gli scavi effettuati sotto l’altare nel 1920: si tratta della lastra tombale del fondatore della chiesa stressa, Eremberto, databile alla fine del IX secolo. Sul muretto a destra della facciata sta una seconda epigrafe alto medievale, sempre della stessa epoca, recentemente reinterpretata da uno studioso di origine leggiunese, il professor Marco Petoletti.
La facciata, a capanna, presenta un portale gotico sovrastato da un rosone, in cotto, aperto probabilmente nel secolo XVII, quando si costruì la sacrestia sul lato sud della chiesetta.
L’interno
L’edificio presenta un’ unica navata a forma di rettangolo irregolare, divisa in due campate. Due sono le pareti affrescate in discrete condizioni, risalenti a periodi diversi. La parete sud del presbiterio conserva ancora un dipinto datato 1488 – opera di Joannes Bernardinus de Laveno- che rappresenta nella parte superiore una bella Natività, con una città turrita sullo sfondo e nella fascia inferiore tre santi, in tre scomparti ornati da finte tappezzerie: S. Primo, S.Siro e S.Feliciano. Si possono distinguere anche alcuni stemmi nobiliari.
L’abside invece è affrescata con un trittico, realizzato nel 1633 a mo’ di pala d’altare su committenza della famiglia Luini. Raffigura la Madonna con Bambino tra i santi Primo e Feliciano, ai lati dei quali, in due finte nicchie, stanno san Carlo Borromee e san Giovanni Battista. L’opera, attribuita alla scuola del Morazzone, fu in parte rovinata da maldestri ritocchi ottocenteschi, come evidenziò un’indagine stratigrafica eseguita nel 2001 grazie ai Lions “S.Caterina del sasso” e alla nostra associazione.
Sulla parete settentrionale, a sinistra entrando, si vede ancora una Madonnina con Bambino, affrescata, dalle origini incerte (si ipotizza una mano quattrocentesca o secentesca). In ogni caso presenta nella parte inferiore un rifacimento grossolano.
La decorazione più antica si trova sulla medesima parete, verso l’altare, ed è una croce “di consacrazione” emersa durante l’indagine citata: risalirebbe ad epoca romanica, come le tracce di intonaco bianco lucido e la banda grigio scuro che contorna il rosone sopra l’ingresso.
Sia i costoloni delle volte (costruita probabilmente in un secondo tempo rispetto alla chiesa, che in origine doveva avere una capriata a vista in legno) che le lesene rivelano ugualmente un colore grigio scuro, che accostato al bianco dell’intonaco sono tipici della decorazione romanica.
Importantissima la lapide murata a destra dell’altare, nella parete absidale, che commemora la traslazione delle reliquie dei martiri Primo e Feliciano da Roma a Leggiuno nell’anno 846 per opera di Eremberto.
Il campanile
L’alta e robusta torre di pietre a vista che affianca la chiesa è caratterizzata da feritoie irregolari che si aprono sui lati ( due sul lato della facciata) e quattro strette bifore su ciascun lato della cella campanaria. Fu aggiunta in un secondo tempo, intorno al secolo XI.
Ritrovamenti del 1920
In quell’anno si effettuò un consolidamento e un restauro generale della chiesa, ad opera dell’architetto Ferdinando Reggiori, con il pieno sostegno del prevosto don Antonio Masciocchi. Scoperchiato il pavimento, si trovarono quattro tombe scavate tra il muro frontale e un muro trasversale sotterraneo; sotto il mastodontico altare del tempo, accostato alla parete dell’abside, fu poi scoperta un’urna contenente le reliquie dei martiri Primo e Feliciano, come già si presumeva dallo studio degli antichi documenti. L’altare fu rifatto ex novo, di dimensioni ridotte, lasciando a vista la colonnina che metteva in contatto il reliquiario con la mensa dell’altare stesso.
Bibliografia
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Appunti di storia locale a cura degli insegnanti della Scuola Elementare L.Riva (Leggiuno), ciclostilato, 1980